Papa Francesco prega per le famiglie senza lavoro vittime degli usurai: “è una pandemia sociale”. Mons. Alberto D’Urso, presidente della consulta, invia al santo padre una lettera di ringraziamento a nome di tutte le fondazioni associate.

Nella Messa a Santa Marta del 23 aprile, Papa Francesco ha rivolto il suo pensiero alle tante famiglie in crisi a causa del nuovo coronavirus, messe ancora più in difficoltà da chi approfitta di questa situazione di bisogno: «In tante parti si sente uno degli effetti di questa pandemia: tante famiglie che hanno bisogno, fanno la fame e purtroppo le “aiuta” il gruppo degli usurai. Questa è un’altra pandemia. La pandemia sociale: famiglie di gente che ha un lavoro giornaliero, o purtroppo un lavoro in nero, che non possono lavorare e non hanno da mangiare … con figli. E poi gli usurai gli prendono il poco che hanno. Preghiamo. Preghiamo per queste famiglie, per quei tanti bambini di queste famiglie, per la dignità di queste famiglie e preghiamo anche per gli usurai: che il Signore tocchi il loro cuore e si convertano».
Nella stessa giornata il Presidente della Consulta Nazionale Antiusura, Mons. Alberto D’Urso, in una lettera al Santo Padre ha espresso a nome delle 32 Fondazioni associate “il più filiale grazie per aver ricordato ancora una volta di pregare per le famiglie, vittime di usurai”.

Ricordando con commozione le parole di incoraggiamento alle vittime di usura ed ai volontari delle Fondazioni associate durante l’udienza nella Sala Clementina del 3 febbraio 2018 “Continuate il vostro servizio con perseveranza e coraggio … trasmettete alle persone che sono dentro quel tunnel il vostro coraggio, raccontando la vostra esperienza, testimoniando che si può venir fuori dall’usura e dall’azzardo…”, Mons. D’Urso ha assicurato a Papa Francesco che “continueremo a dialogare con quanti hanno responsabilità nel campo dell’economia e della finanza, perché vengano promosse iniziative che concorrano alla prevenzione dell’usura”.

 

 

Di seguito il testo integrale dell’omelia:
La Prima Lettura continua la storia che era incominciata con la guarigione dello storpio presso la Porta Bella del Tempio. Gli apostoli sono stati portati davanti al sinedrio, poi sono stati inviati in carcere, poi un angelo li ha liberati. E questa mattina, proprio quella mattina, dovevano uscire dal carcere per essere giudicati, ma erano stati liberati dall’angelo e predicavano nel Tempio (cfr At 5,17-25). «In quei giorni, [il comandante e gli inservienti] condussero gli apostoli e li presentarono nel sinedrio» (v. 27); sono andati a prenderli nel Tempio e li hanno portati nel sinedrio. E lì, il sommo sacerdote li rimproverò: «Non vi avevamo espressamente proibito di insegnare in questo nome?» (v. 28) – cioè nel nome di Gesù – e voi, «ecco, avete riempito Gerusalemme del vostro insegnamento e anche volete far ricadere su di noi il sangue di quest’uomo» (v. 28). Perché gli apostoli, Pietro soprattutto, e Giovanni rimproveravano ai dirigenti, ai sacerdoti, di aver ucciso Gesù.
E allora Pietro rispose insieme agli apostoli con quella storia: “Bisogna obbedire a Dio, noi siamo obbedienti a Dio e voi siete i colpevoli di questo” (cfr At 5, 29-31). E accusa, ma con un coraggio, con una franchezza, che uno si domanda: “Ma questo è il Pietro che ha rinnegato Gesù? Quel Pietro che aveva tanta paura, quel Pietro che era pure un codardo? Come mai è arrivato qui?”. E finisce anche dicendo: «E di questi fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo che è con noi, che Dio ha dato a quelli che gli obbediscono» (cfr v. 32). Qual è stata la strada di questo Pietro per arrivare a questo punto, a questo coraggio, a questa franchezza, a esporsi? Perché lui poteva arrivare a dei compromessi e dire ai sacerdoti: “Ma state tranquilli, noi andremo, parleremo un po’ con un tono più basso, non vi accuseremo mai in pubblico, ma voi lasciateci in pace …”, e arrivare a dei compromessi.
Nella storia, la Chiesa ha dovuto fare questo tante volte per salvare il popolo di Dio. E tante volte, lo ha anche fatto per salvare se stessa – non la Santa Chiesa, ma i dirigenti. I compromessi possono essere buoni e possono essere cattivi. Ma loro potevano uscire attraverso il compromesso. No! Pietro ha detto: “Niente compromesso. Voi siete i colpevoli” (cfrv. 30), e con questo coraggio.
E come Pietro è arrivato a questo punto? Perché era un uomo entusiasta, un uomo che amava con forza, anche un uomo timoroso, un uomo che era aperto a Dio al punto che Dio gli rivela che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, ma poco dopo – subito – si lascia cadere nella tentazione di dire a Gesù: “No, Signore, per questa strada no: andiamo per l’altra”: la redenzione senza Croce. E Gesù gli dice: “Satana” (cfr Mc 8, 31-33). Un Pietro che passava dalla tentazione alla grazia, un Pietro che è capace di inginocchiarsi davanti a Gesù e dire: “allontanati da me che sono peccatore” (cfr Lc 5,8), e poi un Pietro che cerca di cavarsela, senza farsi vedere e per non finire in carcere rinnega Gesù (cfr Lc 22,54-62). È un Pietro instabile, perché era molto generoso e anche molto debole. Qual è il segreto, qual è la forza che ha avuto Pietro per arrivare qui? C’è un versetto che ci aiuterà a capire questo. Prima della Passione, Gesù disse agli apostoli: «Satana vi ha cercati per vagliarvi come il grano» (Lc 22,31). È il momento della tentazione: “Sarete così, come il grano”. E a Pietro dice: “E io pregherò per te, «perché la tua fede non venga meno»” (v. 32). È questo il segreto di Pietro: la preghiera di Gesù. Gesù prega per Pietro, perché la sua fede non venga meno e possa – dice Gesù – confermare nella fede i fratelli. Gesù prega per Pietro.
E questo che ha fatto Gesù con Pietro, lo fa con tutti noi. Gesù prega per noi; prega davanti al Padre. Noi siamo abituati a pregare Gesù perché ci dia questa grazia, quell’altra, ci aiuti, ma non siamo abituati a contemplare Gesù che fa vedere al Padre le piaghe, a Gesù, l’intercessore, a Gesù che prega per noi. E Pietro è stato capace di fare tutta questa strada, da codardo a coraggioso, con il dono dello Spirito Santo grazie alla preghiera di Gesù.
Pensiamo un po’ a questo. Rivolgiamoci a Gesù, ringraziando che Lui prega per noi. Per ognuno di noi Gesù prega. Gesù è l’intercessore. Gesù ha voluto portare con sé le piaghe per farle vedere al Padre. È il prezzo della nostra salvezza. Dobbiamo avere più fiducia; più che nelle nostre preghiere, nella preghiera di Gesù. “Signore, prega per me” – “Ma io sono Dio, io posso darti …” – “Sì, ma prega per me, perché Tu sei l’intercessore”. E questo è il segreto di Pietro: “Pietro, io pregerò per te «perché la tua fede non venga meno»” (Lc 22,32).
Che il Signore ci insegni a chiedergli la grazia di pregare per ognuno di noi.